UNO DI NOI
Si richiama ai valori, del calcio italiano e del tifo milanista, la lettera aperta che Rino Gattuso ha scritto e firmato in prima persona questa mattina sulla prima pagina sportiva del "Corriere della Sera".
Mercoledì sera il Milan giocherà un'altra sfida decisiva. Da quando indosso la maglia di questo grande club ho giocato tante di quelle partite ad alta tensione che ormai non le ricordo più tutte. Contro il Manchester di Cristiano Ronaldo, di Rooney e di Giggs noi rossoneri cercheremo di tenere alto l'onore del calcio italiano ma anche di rendere ancora più prestigiosa la nostra storia perché quattro semifinali nelle ultime cinque edizioni della Champions League non le ha giocate nessuno. E se riusciremo a rimediare alla sconfitta della scorsa settimana all'Old Trafford, avremo anche la possibilità di giocarci la terza finale. Tenuto conto di tutti i problemi che ci sono capitati addosso in questa annata disgraziata, possiamo ben dire che è quasi un miracolo essere arrivati fin qui. Il Milan è stato costretto a partire dai preliminari della Coppa campioni, a cambiare di colpo la preparazione, a richiamare dalle ferie noi campioni del mondo. Abbiamo pagato per colpe che non riteniamo di avere commesso, secondo me siamo stati vittime di un'ingiustizia. Come se non bastasse abbiamo dovuto fare i conti con tanti infortuni (Nesta, Kaladze, Kaká, Inzaghi, io stesso) ma, nonostante tutto, nessuno è ancora riuscito ad affondarci. Ora abbiamo la possibilità di mettere a segno un'altra impresa ma per eliminare uno squadrone come il Manchester avremo bisogno di qualcosa di speciale: l'aiuto dei nostri tifosi.
Noi ci metteremo orgoglio, passione ed esperienza. Però stavolta il nostro pubblico, che è sempre stato molto appassionato, dovrà superarsi. Voglio un'atmosfera come all'Old Trafford martedì scorso, calda e corretta. Il Manchester era in difficoltà e nella ripresa è stato tutto lo stadio a prenderlo per mano e a trascinarlo alla vittoria. Ecco, anche a nome dei miei compagni, chiedo che San Siro mercoledì ci dia la spinta e ci faccia volare verso la finale di Atene. Dateci una mano, tifosi rossoneri, sosteneteci anche in quei momenti di difficoltà che, contro grandi campioni come quelli di Alex Ferguson, non mancheranno. Vinciamo assieme questo nuovo assalto alla storia, andiamo assieme ad Atene. Se poi, nonostante la nostra voglia di stupire, il Manchester si dimostrerà più forte di noi, accetteremo con sportività il verdetto. In fondo qualcosa d'importante l'abbiamo già vinto. Ricordate infatti quel comunicato con cui l'Uefa, a inizio stagione, disse che avrebbe tenuto d'occhio le nostre partite e i nostri comportamenti? Io, come tutto lo spogliatoio, ci rimasi male. Ora però il più bel riconoscimento ai nostri sforzi e alla nostra correttezza è arrivato proprio dall'Uefa, da Michel Platini in persona. Ha detto che la partita dell'Old Trafford tra noi e il Manchester è stato il più bello spot per il calcio. Ci siamo presi una rivincita morale e a questo punto ci piacerebbe girare un nuovo spot, stavolta a parti invertite: a San Siro e con una nostra vittoria. E se voi, amici tifosi, ci darete la carica per novanta minuti, forse ce la faremo.
Che uomo, che calciatore...Gattuso è proprio uno di noi!
3 commenti:
bella gennà...kmq al ritorno da roma avevo sul treno un sacco d idioti del manchester ubriachi che cantavano..per una volta sono stata felice ke abbia vinto il milan ;)
a presto
by lelena
GLI EDITORIALI DI ANTONELLO DE PIERRO DIRETTORE DI ITALYMEDIA.IT
Finalmente liberi!
di Antonello De Pierro
Era ora! La legge che pone fine all’obbligatorietà del servizio di leva è finalmente una realtà. Termina così la girandola di amarezze e delusioni che la stragrande maggioranza dei nostri giovani, chiamati ad assolvere gli obblighi di leva, è stata da sempre costretta ad incassare, perdendone abbondantemente il conto. Il festival dell’ingiustizia, delle assegnazioni e dei trasferimenti incredibili, decisi al tavolo delle raccomandazioni e dei clientelismi, senza nessuna logica o pudore di sorta: soldati spediti da Palermo a Udine, braccia “rapite” dallo Stato a famiglie bisognose, e rampolli privilegiati, parcheggiati nell’ufficio dietro casa. Il Rubicone della vergogna, attraversato sfacciatamente dai burattinai degli uffici di leva e delle caserme, muovendo inesorabilmente i fili del destino di ragazzi impotenti, spesso sacrificati sull’altare di frustrazioni personali dei superiori, finalmente sta per prosciugarsi. La “pacchia” dei graduati, abilissimi nel sottomettere giovani inermi, facendosi scudo con le opinabilissime leggi militari, che schiacciano, marciandoci sopra con i cingoli, la loro dignità, inizia a intravedere il tramonto. Chi pulirà le caserme, i “cessi” putridi e puzzolenti, le stanze e gli uffici degli ufficiali e dei “marescialloni” spocchiosi? Chi spazzerà i cortili per ore, spettacolo preferito dalle pupille dei graduati, attenti affinché venisse raccolta anche la “cicca” più minuscola (ottimo esercizio per chi avesse voluto impiegarsi come operatore ecologico al termine del servizio di leva, ma perfettamente inutile per la formazione di un soldato)?Chi impartirà lezioni gratuite di latino, greco, matematica o fisica ai figli “somari” di colonnelli e generali, quando il ragazzo laureato preferirà affrettassi a trovare qualche spiraglio nel muro di gomma del mondo del lavoro, piuttosto che seppellire un anno della sua vita nello squallido grigiore di una caserma? Particolarmente difficile appare in questi giorni penetrare quel guscio di riservatezza, che protegge come un’armatura l’universo militare dal mondo dei civili. Il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito ha dribblato con sorprendente abilità la richiesta di un’intervista da parte del nostro giornale. Ma noi, che non amiamo assolutamente mettere il morso alla nostra inarrestabile voglia di verità, non possiamo sorvolare su gravi episodi legati alla moritura “naja”, nutrendoci al banco della nostra esperienza diretta, dove troviamo ricordi che ancora passeggiano vivi nella nostra memoria. Come possiamo non toglierci il sassolino dalla scarpa, foderandoci gli occhi con il prosciutto, di fronte alla verità che preme per scivolare tra le righe di un foglio provvisorio di giornale? Per ognuno un film lungo un anno e con all’incirca lo stesso copione, fatto di angherie, soprusi, arbitrarie privazioni della libertà personale. Un anno trascorso vivendo di nulla ai margini del nulla, con la rassegnazione pronta a spegnere immediatamente qualsivoglia ruggito di vitalità. Finalmente si volta pagina. Agli occhi di chi scrive la memoria mette a fuoco fotogrammi spaventosi. Ragazzi avviluppati dalla spirale del sistema militare, privati della volontà, della dignità stessa di esseri umani, ridotte a puro sussurro. Costretti a subire turpiloqui e ingiurie a più non posso, senza la possibilità di reagire; a mangiare con le mani e ad elemosinare un bicchiere d’acqua nella desolazione dell’Ospedale Militare di Firenze; a dormire con cinque coperte e cinque maglioni in gelide camerate senza riscaldamento (naturalmente nelle camere confortevoli degli ufficiali il caldo era insopportabile); a subire incredibili atti di “nonnismo”, a fare flessioni sulle braccia, portando il naso a due dita da una nauseante quantità di “merda”, troneggiante in bella mostra sul biancore di una “turca”. E molto altro congelato nei file mnemonici degli sventurati protagonisti. Spesso qualcuno più debole non ha retto e ha deciso di chiudere i conti con la vita prima del congedo. Con sorprendente rapidità, sugli scandali sanguinolenti, è sceso sempre puntualmente il velo del silenzio e dell’omertà.
Tutto ciò sarà presto finito. Finalmente!
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GLI EDITORIALI DI ANTONELLO DE PIERRO DIRETTORE DI ITALYMEDIA.IT
Finalmente liberi!
di Antonello De Pierro
Era ora! La legge che pone fine all’obbligatorietà del servizio di leva è finalmente una realtà. Termina così la girandola di amarezze e delusioni che la stragrande maggioranza dei nostri giovani, chiamati ad assolvere gli obblighi di leva, è stata da sempre costretta ad incassare, perdendone abbondantemente il conto. Il festival dell’ingiustizia, delle assegnazioni e dei trasferimenti incredibili, decisi al tavolo delle raccomandazioni e dei clientelismi, senza nessuna logica o pudore di sorta: soldati spediti da Palermo a Udine, braccia “rapite” dallo Stato a famiglie bisognose, e rampolli privilegiati, parcheggiati nell’ufficio dietro casa. Il Rubicone della vergogna, attraversato sfacciatamente dai burattinai degli uffici di leva e delle caserme, muovendo inesorabilmente i fili del destino di ragazzi impotenti, spesso sacrificati sull’altare di frustrazioni personali dei superiori, finalmente sta per prosciugarsi. La “pacchia” dei graduati, abilissimi nel sottomettere giovani inermi, facendosi scudo con le opinabilissime leggi militari, che schiacciano, marciandoci sopra con i cingoli, la loro dignità, inizia a intravedere il tramonto. Chi pulirà le caserme, i “cessi” putridi e puzzolenti, le stanze e gli uffici degli ufficiali e dei “marescialloni” spocchiosi? Chi spazzerà i cortili per ore, spettacolo preferito dalle pupille dei graduati, attenti affinché venisse raccolta anche la “cicca” più minuscola (ottimo esercizio per chi avesse voluto impiegarsi come operatore ecologico al termine del servizio di leva, ma perfettamente inutile per la formazione di un soldato)?Chi impartirà lezioni gratuite di latino, greco, matematica o fisica ai figli “somari” di colonnelli e generali, quando il ragazzo laureato preferirà affrettassi a trovare qualche spiraglio nel muro di gomma del mondo del lavoro, piuttosto che seppellire un anno della sua vita nello squallido grigiore di una caserma? Particolarmente difficile appare in questi giorni penetrare quel guscio di riservatezza, che protegge come un’armatura l’universo militare dal mondo dei civili. Il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito ha dribblato con sorprendente abilità la richiesta di un’intervista da parte del nostro giornale. Ma noi, che non amiamo assolutamente mettere il morso alla nostra inarrestabile voglia di verità, non possiamo sorvolare su gravi episodi legati alla moritura “naja”, nutrendoci al banco della nostra esperienza diretta, dove troviamo ricordi che ancora passeggiano vivi nella nostra memoria. Come possiamo non toglierci il sassolino dalla scarpa, foderandoci gli occhi con il prosciutto, di fronte alla verità che preme per scivolare tra le righe di un foglio provvisorio di giornale? Per ognuno un film lungo un anno e con all’incirca lo stesso copione, fatto di angherie, soprusi, arbitrarie privazioni della libertà personale. Un anno trascorso vivendo di nulla ai margini del nulla, con la rassegnazione pronta a spegnere immediatamente qualsivoglia ruggito di vitalità. Finalmente si volta pagina. Agli occhi di chi scrive la memoria mette a fuoco fotogrammi spaventosi. Ragazzi avviluppati dalla spirale del sistema militare, privati della volontà, della dignità stessa di esseri umani, ridotte a puro sussurro. Costretti a subire turpiloqui e ingiurie a più non posso, senza la possibilità di reagire; a mangiare con le mani e ad elemosinare un bicchiere d’acqua nella desolazione dell’Ospedale Militare di Firenze; a dormire con cinque coperte e cinque maglioni in gelide camerate senza riscaldamento (naturalmente nelle camere confortevoli degli ufficiali il caldo era insopportabile); a subire incredibili atti di “nonnismo”, a fare flessioni sulle braccia, portando il naso a due dita da una nauseante quantità di “merda”, troneggiante in bella mostra sul biancore di una “turca”. E molto altro congelato nei file mnemonici degli sventurati protagonisti. Spesso qualcuno più debole non ha retto e ha deciso di chiudere i conti con la vita prima del congedo. Con sorprendente rapidità, sugli scandali sanguinolenti, è sceso sempre puntualmente il velo del silenzio e dell’omertà.
Tutto ciò sarà presto finito. Finalmente!
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